Buon Natale

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Tommaso e Giacomo sui maialini, simbolo del nostro quartiere.

venerdì 23 gennaio 2015

Si può vivere in Germania senza tedesco?

Non ho mai pensato che si potesse vivere in un paese senza conoscerne la lingua. 
Per questo, già prima di partire, tra la vendita della casa e l'organizzazione del trasloco, mi sono ritagliata il tempo (con l'aiuto dell'insostituibile Mattea) per fare un piccolo corso di tedesco-base. 
Purtroppo, non era sufficiente neppure per andare al mercato, ma non mi sono arresa. 
Da quando siamo arrivati né io né Giuseppe abbiamo smesso di studiare questa lingua perchè, per quanto ostica sia, ci pare indispensabile per costruire il nostro futuro.

La mia convinzione riguardo alla necessità del tedesco è stata però messa recentemente in discussione. 
Sia io che Giuseppe abbiamo incontrato tantissime persone che vivono qui da molti anni senza conoscere la lingua.

Come è possibile??

Esistono principalmente due classi sociali che, almeno apparentemente, possono fare a meno del tedesco (almeno noi ne abbiamo incontrate 2).

1)Coloro che lavorano in ambiti internazionali e hanno uno stipendio molto alto. Queste persone usano prevalentemente l'inglese come lingua veicolare, mandano i figli nella scuola internazionale (costo dai 14.000 ai 20.000 euro l'anno), dove le lezioni si tengono in inglese. 
Per i bisogni quotidiani, esistono i supermercati, dove non si ha bisogno di interagire, e professionisti che parlano inglese. 
Qui, quasi tutti parlano inglese e i soldi fanno il resto. 
Queste, sono solitamente persone che non hanno intenzione costruire la loro vita in Germania, anche se magari rimangono qui 20 anni: sono generalmente diplomatici, ingegneri e manager di grandi ditte. 
Questo comporta che, non solo non imparino il tedesco, ma che anche l'italiano venga gradualmente abbandonato. 
In casa cercano di parlare la lingua madre, ma, quasi sempre, va a finire che i figli parlino preferibilmente inglese tra di loro, con tanti saluti alla lingua e alla cultura di origine. 
Ultimamente ho conosciuto alcune signore italiane che si trovano in questa condizione. 
Hanno tutte un buon livello culturale eppure molte sono insensibili alla perdita della cultura italiana dei loro figli, tutte protese verso la cultura inglese, come l'unica capace di garantire un futuro prestigioso ai loro pargoli. 

Forse hanno ragione loro. 

Io voglio ostinarmi a pensare che la cultura italiana sia una cultura forte, oltre ad essere la cultura nella quale si è formato il nostro pensiero e la nostra visione del mondo. 
Credo che privarne i figli significhi privarli di una parte della loro identità, di cui, malgrado le contraddizioni attuali del nostro paese, dovrebbero andare fieri.

2)All'altro estremo della scala sociale, coloro che sono scappati dall'Italia in anni passati (dagli anni 50 agli anni 70) in cerca di un lavoro che potesse sfamare le loro famiglie. 
Spesso provengono dal sud Italia, con una conoscenza dell'italiano approssimativa. 
Hanno trovato lavoro, in ambiti in cui il tedesco non era necessario (in fabbriche in cui erano già presenti connazionali o, nella ristorazione). 

Ancora oggi questo è possibile. 

Non si sono interessati ad imparare la lingua per mancanza di mezzi (tempo, soprattutto) e perchè hanno sempre pensato che un giorno sarebbero tornati a “casa”. 
Molti, ora che sono in pensione hanno provato a tornare nel paese d'origine, ma sono ritornati qui dopo poco tempo perchè la loro vita, loro malgrado, è qui. Qualcuno vive un po' qui e un po' in Italia, lamentandosi, naturalmente di entrambe le nazioni (il privilegio dell'essere emigrati). 
Tutti costoro hanno potuto affrontare la vita quotidiana grazie alla rete sociale che avevano intorno. 
A Colonia, ad esempio c'è un quartiere italiano, la scuola italo-tedesca, dalle elementari alle superiori e molti professionisti parlano italiano. 
La stessa cosa accade agli arabi, ai turchi e a tutte le etnie che hanno una forte presenza in Germania. 
Questo rende possibile creare una piccola patria (o un ghetto, dipende dai punti di vista) in Germania. 
I figli di queste persone, generalmente trentenni ora, spesso hanno rifiutato le loro origini italiane perchè sono state per loro fonte di emarginazione ed imbarazzo. 
Ne abbiamo incontrati alcuni che hanno addirittura completamente e volutamente dimenticato l'italiano.

Sembra paradossale, ma in entrambe i casi,  il rifiuto del tedesco ha portato come diretta conseguenza il rifiuto o, la poca considerazione,  dell'italiano da parte delle seconde generazioni.

Nel mezzo, quelli che vogliono tutto, quelli che vorrebbero che i loro figli si integrassero in Germania senza dimenticare le radici e la cultura italiana, quelli che seguono la strada incerta di un equilibrio che non è mai scontato.
In mezzo ci siamo anche no,i che ricordiamo ogni giorno ai nostri bambini le loro origini, che lottiamo contemporaneamente contro il nostro falsch-Deusch (il tedesco sbagliato) e contro le forme scorrette dell'italiano in cui si esprimono, talvolta, i nostri figli.

A metà tra Goethe e Dante c'è la nostra scommessa più grande.






2 commenti:

  1. Bellissima quella frase finale. Per me e' stato importante insegnare l'italiano alle mie figlie perche' altrimenti non avrebbero avuto nessuna relazione con I loro nonni italiani. Non e' stato facile perche' nascendo e crescendo in California, la loro lingua madre e' in realta' l'inglese ma l'italiano lo parlano, con errori ma bene abbastanza da telefonare ai nonni e parlare con I cuginetti italiani. E mi devo accontentare :)

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  2. Carissima Marilena non demordere, è un regalo meraviglioso per le tue bambine imparare una lingua grammaticalmente complessa come l'italiano, permetterà loro di imparare le lingue di origine latina (francese, ma, soprattutto, spagnolo) con molta semplicità. Un ottimo metodo per insegnare loro l'italiano divertendole e leggere per loro fiabe ad alta voce e poi, pian piano, insegnare loro a leggere in italiano. Esistono,poi, piattaforme di giochi per bambini on line per imparare l'italiano. In bocca al lupo.

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